Un anno di Narcomafie
Come quei moti silenziosi che non fanno rumore, ma sono capaci di spostare montagne, Grafite ha messo i suoi strumenti e la sua professionalità al servizio del sociale. Come? Prendendo la direzione che una scuola, in questo caso di grafica e fumetto, è tenuta a seguire: formare, insegnare, educare. La collaborazione siglata con la rivista “Narcomafie”, durata un anno, ha percorso esattamente questa strada, e i risultati sono arrivati praticamente nell’immediato. Nel 2015 il fumettista e professionista Gian Marco De Francisco, coordinatore regionale di Grafite, partecipa come illustratore al numero di dicembre di Narcomafie (la rivista da qualche mese aveva deciso di puntare sull’impatto grafico coinvolgendo professionisti del settore). Da qui la stretta di mano con la scuola di grafica e fumetto, e la decisione per tutto il 2016, di affidare una traccia agli studenti – ogni numero affrontava uno specifico dossier – lasciandoli poi liberi di esprimersi attraverso i disegni. Loro si sono cimentati in un Contest interno. Il più meritevole, fermo restando l’impegno di tutti, è stato poi scelto per la copertina di Narcomafie. A coordinare il progetto Piero Ferrante redattore della testata, che ha creduto nella collaborazione e uomo guida per i giovani disegnatori.
Ben 4 quelle firmate dai ragazzi di Grafite, a cui si aggiunge l’ultima, interpretata ancora da Gian Marco. Un anno da incorniciare per la scuola, che indossa il mantello di maestra di vita. Un anno però che è la conseguenza anche di scelte passate: la prima sede barese di Grafite, infatti, è stata la stessa di Libera Puglia, un appartamento confiscato alla mafia. Una collaborazione, anche questa precedente, nata nell’ottica di diventare strumento di educazione alla legalità.
Le trame affidate ed elaborate dai ragazzi attraverso le tavole, sono da considerarsi tutte “tematiche di peso”. Qualche esempio: rotte migratorie e circuiti affaristico-criminali; la latitanza; la relazione tra calcio e mafie, borghesia camorrista, affari, intrecci, interessi in terra campana. Sin dalla posa della sua prima pietra, Grafite ha cercato, e cerca ancora, di riposizionare quel sentire comune, che avverte come “liquide” le ultime generazioni, prive di profondità e capacità di critica. Il gruppo di Narcomafie, che ha valutato i disegni è di tutt’altra opinione. I progetti grafici sono stati premiati ad esempio “per aver messo in evidenza la cruenta azione delle mafie e le conseguenze che essa ha sulle sue vittime”, oppure per “aver saputo rappresentare, nell’immediatezza di un messaggio espresso con pochi elementi grafici, tutto il senso di sfuggevolezza proprio del latitante”. Motivazioni di spessore, per schizzi di valore. Nulla a che fare con la parola liquidità. Infine nell’ultimo numero speciale di Narcomafie, che di fatto chiude un’era della rivista del gruppo Abele dedicata al narcotraffico, gli studenti della scuola pugliese, tre sedi Bari, Taranto e Lecce, avevano il compito di illustrare alcuni racconti, tutte produzioni originali, nella maggior parte dei casi di autori affermati e riconosciuti a livello nazionale, compito che ha dato loro una grande responsabilità.
I ragazzi coinvolti si sono dunque ritrovati ad essere parte di una narrazione “alta”, lontana dai soliti stereotipi, sicuramente meno commerciale, e poco adatta come veicolo di popolarità tra coetanei. Ma superata una prima diffidenza iniziale, e spronati dai docenti, hanno unito il lavoro tecnico in aula alla conoscenza di concetti come ad esempio quello di antimafia sociale. Non esistono solo eroi come Superman, ma esistono anche uomini reali, umani, che compiono però atti straordinari, e di loro bisogna avere memoria. E saperli reinterpretare e disegnare.
L’antimafia ha sempre parlato attraverso voci istituzionali, magistrati o addetti di settore. Narcomafie e Grafite hanno scelto di cambiare il linguaggio, il modo di comunicare, mantenendo però intatta la sostanza, il contenuto. E i ragazzi diventano di certo più ricettivi se si sceglie di parlare loro, con i loro linguaggi, ma soprattutto rendendoli protagonisti. Tutto questo è accaduto al Sud, in Puglia, senza troppi clamori. Esattamente come quei moti silenziosi che non fanno rumore, ma sono capaci di spostare montagne.
Alessandra Cavallaro